Gazzetta di Modena

L’intervista

Nicoletta Manni, étoile della Scala di Milano, a Modena: «Danzare è la mia libertà»

di Paola Ducci

	Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko (foto di Vito Lorusso)
Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko (foto di Vito Lorusso)

Al teatro comunale Pavarotti-Freni, alle 20.30 di domenica 2 novembre, “La gioia di danzare”: «Un viaggio attraverso i capolavori del repertorio classico – da Carmen al Lago dei Cigni, dal Corsaro al Grand Pas Classique – intrecciati a brani contemporanei di grande impatto»

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MODENA. L’acclamata étoile del teatro alla Scala di Milano, Nicoletta Manni, sarà domani sera – domenica 2 novembre – alle 20.30 al teatro comunale Pavarotti Freni di Modena per presentare uno spettacolo il cui titolo nasce come racconto personale, in un libro uscito per Garzanti nel 2023, prima di trasformarsi in progetto artistico condiviso con il marito, il primo ballerino lettone della Scala Timofej Andrijashenko, e con un gruppo di colleghi, tutti scaligeri, di indiscussa artisticità. Nicoletta e Timofej, giovani, affermati, protagonisti indiscussi della danza internazionale, incarnano un’idea di arte che è anche stile di vita, passione condivisa, e ricerca continua. “La gioia di danzare” è il loro regalo al pubblico: un invito a lasciarsi trasportare dalla bellezza, in uno spettacolo che sa emozionare, stupire, e restare nel cuore.

Nicoletta, se dovesse riassumere questo spettacolo in poche righe come lo definirebbe?

«“La Gioia di Danzare” è un viaggio attraverso i capolavori del repertorio classico – da Carmen al Lago dei Cigni, dal Corsaro al Grand Pas Classique – intrecciati a brani contemporanei di grande impatto. È un dialogo tra tradizione e modernità, che è insieme sia virtuosismo tecnico che poesia ed energia scenica. Rispecchia ciò che è l’idea di danza mia e di Timofej, che abbiamo deciso di condividere con il nostro pubblico».

Il titolo richiama il libro in cui lei racconta il suo percorso personale e professionale attraverso la danza come strumento di libertà e affermazione. Come le è venuta l’idea di scrivere?

«Volevo condividere con il pubblico la gioia di poter vivere di questo mestiere, di affrontare ogni giorno la mia passione, di poterla portare sul palcoscenico, di potermi permettere di vivere di queste emozioni meravigliose che il mio lavoro mi regala e che mi fa provare. Ogni capitolo è dedicato a uno dei personaggi che ho interpretato e tanti sono stati i commenti che ho ricevuto da parte di genitori di ragazze e ragazzi che studiano danza. Mi hanno scritto che ho fatto capire loro cosa ci vuole per affrontare questo percorso da mamme e papà di potenziali futuri danzatori e danzatrici».

E cosa ci vuole secondo lei?

«Coraggio e supporto. Lo dico per esperienza personale perché così hanno fatto i miei genitori, ai quali sono legatissima. Coraggio perché spesso si è costretti a lasciare la propria famiglia ancora da bambini o ragazzini se si viene selezionati in scuole prestigiose e supporto perché è normale che un bambino o una bambina lontana dalla famiglia possa sentire la mancanza di essa come del resto la sentono i genitori. Ma bisogna tenere duro anche se ci sono periodi in cui si viene messi a durissima prova».

Quante ore studia al giorno? Come è la sua giornata tipo?

«Beh, si lavora circa 8 ore al giorno. Con la pausa pranzo ovviamente. In Scala iniziamo alle 10 con la lezione quotidiana di danza della durata di un’ora e mezza. Poi si iniziano a provare le produzioni. Ci si ferma a pranzo, perché è importantissimo curare la propria alimentazione. Poi si riprende fino alle 18. Qualcosa cambia nei giorni di spettacolo, ma più o meno questa è la nostra vita».

Cosa ha sempre rappresentato per lei la danza?

«La danza è per me una forma di meditazione e la libertà di poter essere me stessa: raccontarmi attraverso il movimento per me è qualcosa di unico. La danza mi ha formato sia come ballerina sia come persona perché mi ha dato quella disciplina, quella forza di volontà che mi porta a non arrendermi mai. Io credo che sia una delle doti più grandi contenute nella danza, in particolare quella classica. Essa ti obbliga ad avere un profondissimo senso di responsabilità».

Ci tolga una curiosità: quando è stata nominata étoile se lo aspettava? Cosa ha provato?

«No, non me lo aspettavo: avevano mantenuto tutto segreto. Dei mille lavoratori della Scala lo sapevano solo cinque persone. È stato pazzesco, incredibile, indescrivibile. Erano 37 anni che non accadeva e il fatto che sia stata nominata io mi ha ovviamente fatto un piacere immenso ma, nello stesso tempo, mi ha investito di una grandissima responsabilità».

Cioè? Che differenza c’è tra essere prima ballerina ed étoile?

«Sul palcoscenico non cambia nulla, ma nella vita sì. Tu rappresenti la danza italiana nel mondo e sai di essere presa come esempio, soprattutto dalle nuove generazioni. Direi che è una grande responsabilità che io cerco di portare avanti al meglio di giorno con giorno».

A quanti anni ha iniziato a danzare?

«A soli due anni e mezzo. C’è una foto nel libro che mi è stata scattata durante il mio primo saggio di danza dove feci un casino terribile (ride, ndr..)».

Come ha vissuto quel momento di distacco dalla sua famiglia per venire a Milano alla Scala?

«Bene, seppur con i momenti di nostalgia e malinconia che può avere una ragazzina di 12 anni che si stacca dalla famiglia. Ma ho accettato il compromesso e la mia famiglia mi ha sempre infuso molta forza».

E oggi c’è qualcuno che continua ad infonderle forza?

«Alla mia famiglia si è aggiunto mio marito Timofej. La danza mi ha dato tutto anche (sorride, ndr): è la mia vita in tutto e per tutto».

Com’è condividere vita e lavoro con suo marito?

«È un equilibrio sottile direi, perché con mio marito adesso condivido tutto, la mia vita lavorativa e la vita privata, però insomma ogni tanto all'inizio qualche litigata c'è stata».

Qual è il segreto secondo lei di tanto successo?

«Quando sono diventata prima ballerina avevo solo 22 anni. Il successo sta nel saperlo mantenere. Cosa che non è facile serve, passione, determinazione e un duro continuo e costante lavoro. La cosa più bella forse di questo mestiere è proprio il fatto che non si arriva mai, anche solo riprendere lo stesso ruolo più volte nella propria carriera vuol dire raggiungere sempre un gradino in più».

Cosa consiglierebbe a una giovane danzatrice o a un giovane danzatore che vuole intraprendere la sua stessa strada?

«Di provarci, di studiare, di avere coraggio e di tenere duro. Non è una strada facile, ma se hai passione e determinazione e non ti arrendi ai primi fallimenti, a degli obiettivi arriverai di sicuro».

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