Alberto Angela a Modena per presentare il suo libro: «Racconto Giulio Cesare e il suo carisma unico»
Lunedì 8 dicembre sarà ospite al Bper Forum Monzani per un tuffo nell’antica Roma: «Ho riaperto il De Bello Gallico cercando l’uomo dietro il condottiero»
MODENA. Ce le ricordiamo tutti: quelle versioni di latino che al liceo affrontavamo con un misto di rassegnazione e speranza. Erano pur sempre meglio di Tacito e Seneca, e se capitava qualcosa di già svolto tra i suggerimenti delle colonne del Castiglioni-Mariotti, la sufficienza era praticamente assicurata. E allora, mentre cominciavamo a cercare nominativo, verbo, complemento oggetto, ci sentivamo un po’ più fortunati ad avere lui sottomano: il De Bello Gallico di Giulio Cesare. Asciutto, lineare, apparentemente senza sorprese. Una prosa militare che sembrava tutto fuorché emozionante. Lo traducevamo come un esercizio meccanico, senza immaginare che dietro quelle frasi terse si celasse un racconto straordinario, pieno di vita, di pericoli, di scoperte. Ed è proprio da quel libro di gioventù che riparte oggi Alberto Angela, tornando in libreria dopo tre anni di attesa. Il suo nuovo volume, “Cesare. La conquista dell’eternità” (Mondadori, 24 euro), riapre il De Bello Gallico come se fosse un portale narrativo. Angela presenterà questa opera al Bper Forum di Modena lunedì 8 dicembre, alle 17.30, accompagnando i lettori in un racconto che intreccia archeologia, storia, geografia e antropologia, trasformando l’antichità in qualcosa che respira, che parla, che insegna, ancora. Perché, come ricorda l’autore, «per capire il presente bisogna tornare là dove tutto è cominciato».
Angela, torna in libreria dopo tre anni con un’opera monumentale su Cesare. Cosa l’ha spinta a scegliere proprio il De Bello Gallico come punto di partenza per questo nuovo viaggio narrativo?
«Perché, il De Bello Gallico lo vediamo sempre dallo stesso lato: quello scolastico. Io stesso, da studente, non capivo cosa contenesse davvero. L’ho ripreso anni dopo per caso, mentre lavoravo a servizi sull’Impero romano. E ho scoperto un racconto di viaggio: popoli sconosciuti, terre ignote, mondi che per i Romani erano fantascienza. E poi c’è la parte umana: un uomo carismatico, affascinante, sempre vincente. Ma non privo di fragilità».
Nel raccontare Cesare, lei restituisce tanto l’eroe quanto l’uomo. Quanto è stato difficile bilanciare mito e realtà?
«Il De Bello Gallico è la nostra unica fonte diretta: non abbiamo resoconti paralleli. Ma su Cesare è stato scritto moltissimo. La sua prosa ci colpisce perché è semplice e chiarissima: come se ci parlasse. Ho lavorato incrociando tre registri: il De Bello Gallico, come traccia dei fatti; ciò che accadeva contemporaneamente a Roma – Cleopatra, Marco Antonio, Catullo...; e poi la ricostruzione dell’uomo Cesare, con ogni elemento diretto o indiretto possibile. Non è stato semplice da fare. Mi sono avvalso di consulenti straordinari e ho cercato di dipingere un affresco che, sorprendentemente, nessuno aveva mai composto in questo modo».
Nel libro lei accosta Cesare a figure della cultura pop come James Bond, i protagonisti di Star Wars o di Game of Thrones. Quanto è importante usare questi riferimenti per avvicinare il grande pubblico alla storia?
«Serve parlare in modo che il pubblico senta ciò che sta leggendo. La divulgazione passa dal cuore: bisogna usare parole chiare, quotidiane. Ciò che mi ha colpito, oggi, è che un testo dell’antichità possa arrivare nei primi posti in classifica. È merito del lavoro di squadra, certo, ma anche di Cesare: la sua voce ha ancora una potenza incredibile».
C’è un personaggio contemporaneo che rappresenta l’eredità di Cesare nel nostro immaginario?
«No: della sua figura ci sono solo frammenti sparsi. Un carisma impressionante, il suo, che può far paura agli avversari e dare forza agli alleati. E che oggi non si ritrova».
E cosa ci insegna la vita di Cesare in un momento storico come quello che viviamo oggi?
«A non cedere, mai. A non lasciarsi andare quando arrivano i rovesci della vita. Il “carattere cesariano” è questo: pensare positivo, assumersi rischi quando serve, buttarsi nella vita come su un prato».
Dopo tanti anni di divulgazione, cosa la emoziona ancora nel raccontare il passato?
«Che i problemi di oggi hanno antenati antichissimi. E che possiamo imparare molto da come sono stati affrontati. Abbiamo creatività, competenza, capacità di unirci nelle emergenze. Dentro di noi ci sono tremila anni di storia che parlano, dobbiamo solo ascoltarli. Il mondo non è facile, ma si affronta. Cesare ci insegna proprio questo: non mollare».
E se potesse dire una cosa, una sola, a Giulio Cesare, quale sarebbe?
«(Ride) Gli direi: “Non andare a quella riunione in Senato”. Ma, battuta a parte, ciò che il libro mostra è che i grandi sono esseri umani. Cesare non era un supereroe: era come noi, con ambizioni gigantesche e fragilità altrettanto umane. Ma aveva un’energia contagiosa. Lavorando su di lui l’ho sentita. È un esempio di tenacia, di slancio. Una spinta a non perdersi d’animo».
