Fuoriclasse

MODENA Un confronto con i rappresentanti di istituto delle scuole Tassoni, Formiggini, Selmi e Galilei e della Consulta provinciale degli studenti per interrogarsi sulla scuola del futuro. Idee, problemi, progetti. Ha partecipato all’incontro il presidente della Provincia Gian Domenico Tomei. Le tematiche hanno spaziato dall’edilizia ai trasporti, fino all’istruzione. «Si è perso il senso della scuola, che non è quello di avvicinare al mondo del lavoro» dice Gabriele Carloni, rappresentante del liceo Formiggini e della commissione trasporti ed edilizia della Consulta. Gli studenti, a parere suo, si stanno interfacciando con un modello di scuola viziato dal Pcto, da burocrazie tediose, da una premiazione delle capacità mnemoniche invece che sul senso critico. Enrico Clicine, rappresentante del liceo Tassoni: «Non si studia più per il piacere di farlo, ma solo per superare la prova». Non sono mancate critiche più profonde alla scuola di oggi, ma le rivendicazioni dei rappresentanti sono ben chiare: «Vogliamo una scuola umana e empatica» dice Giovanna Ravazzini, del Formiggini. Disinteresse è la parola che più di tutte ha caratterizzato il dialogo. In una scuola che non forma adeguatamente i cittadini del futuro e minimizza le grandi possibilità dell’educazione civica, diventata un cumulo di ore sul registro elettronico, come ci si può appassionare, si chiedono i rappresentanti. L’estraneità al mondo della rappresentanza è giustificata dall’esigenza di estrapolare la sufficienza in una scuola che non si cura degli interessi individuali. «Gli studenti non sono agevolati a seguire le proprie passioni, come lo sport» sottolinea Giorgia Manzoni, portavoce del Tassoni. L’indifferenza viene vista come la conseguenza di mancanza di tempo, attaccamento alle valutazioni, poca conoscenza delle possibilità che le scuole offrono. Sofia Verzola, rappresentante del Selmi, commenta: «La nostra scuola offre grandi progetti, ma trovano una scarsa adesione». Concorda con lei Greta Ansaloni del Tassoni: «Le eccezioni sono i pochi rappresentanti e chi davvero si interessa». Molto è stato detto sull’approccio alla didattica. «Va cambiata nel profondo, adeguata a esigenze diverse» dice Enrico Clicine, supportato da Sofia Provasi del Galilei: «Talvolta manca la passione negli insegnanti, manca l’empatia, la voglia di trasmettere». La responsabilità è dei rappresentanti? Secondo Luca Giordano, rappresentante di Consulta nella commissione ambiente ed ex rappresentante di istituto del Muratori-San Carlo, no. A suo parere la colpa è spesso da trovarsi nei consigli di istituto che boicottano le loro proposte. «I rappresentanti» afferma Gabriele Carloni, «sono solo portavoci della classe studentesca» e le difficoltà che affrontano sono dovute all'assoluta mancanza di ascolto da parte della classe dirigente. Molti studenti, a detta dei presenti, non sarebbero nemmeno a conoscenza dei propri diritti e possibilità, in particolare dell’esistenza dello Statuto delle studentesse e degli studenti. Quest’ultimo regola quelli che sono i limiti e gli strumenti in mano agli studenti per esprimere le proprie posizioni e i propri diritti. La rabbia degli studenti e il senso di insofferenza si rivelano nel loro senso più profondo nelle piazze riempite durante lo scorso biennio. Dalla maturità alle riforme scolastiche, è stata dimostrata una fervente voglia di cambiamento da parte della sinistra studentesca. Un esempio sono le manifestazioni avvenute in seguito alla morte di due studenti durante la settimana di Pcto in fabbrica, Lorenzo e Giuseppe. «La scuola non può mandare a morire gli studenti» afferma Gabriele. Le rivendicazioni di una scuola inclusiva, attenta alle diversità, promotrice di confronto, sono solo l’inizio del modello di scuola che vorremmo. Utopia? No, voglia di migliorare. La scuola italiana riparta dagli studenti, i veri protagonisti delle problematiche del sistema d’istruzione.l Sveva Borsari Giorgia Caprini Flavio Fontana &nbsp;

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