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(Dis)parità di genere

Fuoriclasse/ Modena, il focus su Donne e Giustizia

Fuoriclasse/ Modena, il focus su Donne e Giustizia

Le battaglie su carriera, gravidanza, famiglia, stipendio

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Tutto parte da un gioco: alle bambine i bambolotti, i peluches, le cucine giocattolo, quindi esclusivamente giochi di accudimento, mentre ai bambini i Lego e le macchinine, perché già visti come futuri lavoratori nella costruzione, nella logica e nel ragionamento. A chiarirci la questione della disparità di genere e della discriminazione nel mondo del lavoro è Laura Caputo, volontaria dell’Associazione Donne e Giustizia, sezione della Casa delle Donne a Modena, avvocata specializzata nel diritto del lavoro e di famiglia e vice consigliera di parità della nostra provincia. «La discriminazione delle donne parte da un’educazione già condita da stereotipi: le ragazze sono indirizzate verso mestieri in settori prettamente educativi o di assistenza e cura alla persona, in generale ad ambiti umanistici, mentre sono gli ambiti scientifici-tecnologici a garantire il maggior profitto economico nel mondo di oggi», sottolinea l’avvocata. Questa, che sembra una divisione banale, porta inevitabilmente al cosiddetto gender-gap, cioè al “divario salariale di guadagno fra uomo e donna”. In aggiunta al gender-gap, le donne «vivono anche il problema di come conciliare il lavoro e la famiglia - spiega Caputo - Oltre a dover svolgere al meglio la loro professione lavorativa per guadagnare, dalle donne si pretende anche la cura dei figli. In Italia sono comunque presenti delle misure palliative, in particolare il congedo parentale», che, pur essendo fruibile sia dalla madre che dal padre, è all’ 89,9% delle giornate richiesto inevitabilmente dalle donne, a causa della loro figura nella nostra società in ambito familiare.

«Se, ad esempio, il bambino ha la febbre, a chiedere di rimanere a casa con lui per accudirlo è sempre la madre», esemplifica l’avvocata.

«Anche la carriera professionale delle donne è fortemente ostacolata, proprio perchè - spiega Laura Caputo- dovendo anche provvedere alla cura familiare, sono costrette a chiedere più permessi, a lavorare meno ore, a fare più part-time».

Molti dirigenti di azienda, proprio per questo, «tendono a preferire, a parità di capacità o anche nel caso di una preparazione leggermente maggiore nella donna, lavoratori uomini, perché considerati capaci di dedicarsi pienamente alla mansione». Questa visione della gravidanza come un peso che compromette la carriera frena spesso la donna dall’idea di creare una famiglia e questo può essere uno dei fattori che determina la diminuzione del tasso di natalità. Il lavoro si intromette già dal colloquio di assunzione nella vita privata femminile: «Spesso varie aziende avanzano domande personali riguardo alle intenzioni future di gravidanza, oppure sulla situazione sentimentale. È importante che le donne sappiano che si tratta di domande illecite e discriminatorie, a cui bisogna pertanto non rispondere e quindi denunciarle», afferma. Essendo queste domande private non rilevanti per la prestazione lavorativa, si scontrano col codice delle pari opportunità in vigore dal 2006, nonché con la normativa a sostegno della maternità e paternità. Un’altra discriminazione molto frequente è il demansionamento, cioè «il cambiamento indebito ed illegittimo della mansione lavorativa , inferiore rispetto a quella iniziale, al momento del rientro dal congedo della donna, o addirittura il licenziamento», spiega Caputo. «Le denunce sono tuttavia molte meno rispetto ai casi effettivi, perché molte non hanno il coraggio di esporsi per paura delle ritorsioni».

In aiuto alle donne che vivono queste difficili e ingiuste situazioni, l’Associazione si propone di «indirizzare le donne al percorso migliore per difendersi, dando informazioni giuridiche (consigliando l’organo o il professionista a cui rivolgersi), e fornendo sostegno psicologico». L’associazione consiglia sempre di segnalare atteggiamenti discriminatori il prima possibile, ricorda che una molestia è tale nel momento in cui viene percepita così e lede la dignità della persona e pone l’accento sull’importanza di un’ educazione equa e non stereotipata.

Lorena Barresi

Serena Opallo

Elena Venturoli