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L’evento del 12 marzo

Modena, Baraldi: «Scavare a fondo per poter reagire»

Ginevramaria Bianchi
Modena, Baraldi: «Scavare a fondo per poter reagire»

Tersicore sul palco dello Storchi

04 marzo 2024
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Denton Welch, noto scrittore e pittore britannico, diceva che quando desideri con tutto il cuore che qualcuno ti ami, dentro ti si radica una follia che toglie ogni senso agli alberi, all’acqua e alla terra.

E arrivati a quel punto, non esiste più nulla, eccetto quel profondo, amaro, bisogno. L’accecamento dell’amore, o della dipendenza affettiva, condiziona parecchio la prospettiva con cui l’amante osserva l’amato. Improvvisamente, il possesso diventa premura, l’umiliazione diventa tenerezza e la violenza si trasforma in affetto. Non c’è il tempo per chiedersi se si sarà felici, perché chi ama, o pensa di amare, sa già che lo sarà, tanto. Non importa se tra le braccia dell’amato sarà duttile, come la creta.

Licia Baraldi, direttrice della scuola di danza Tersicore di Finale Emilia, in prospettiva dello spettacolo del 12 marzo al teatro Storchi organizzato dalla Gazzetta, ha analizzato proprio questo aspetto della violenza di genere: l'infatuazione malsana che rende ciechi di fronte ad atteggiamenti spesso limitanti e tossici.

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Baraldi, quali temi saranno portati in scena?

«Porteremo in scena due coreografie. La prima rappresenterà il tema della dipendenza affettiva, l’altra, invece, affronterà una serie di quesiti che riguardano il percorso che le vittime di violenza sono costrette ad affrontare dopo una relazione tossica. Come è possibile, dopo un’esperienza del genere, amare come prima? E soprattutto, come riescono a farsi amare di nuovo da qualcun altro? Sul palco, porteremo temi molto complessi, che sono stati il frutto di un attento studio fatto con le ballerine stesse: era giusto che fossero del tutto consapevoli dolore che si prova in queste situazioni, affinché potessero esprimersi al meglio con la gestualità nel ballo. Non volevo che trattassero con superficialità l’argomento».

La superficialità è uno dei motivi per cui, ancora, non si parla come si dovrebbe di questo tema?

«Sicuramente. La superficialità è ovunque. Vedo molte ragazze che prendono alla leggera l’eccessiva gelosia, o l’invidia che il proprio partner prova davanti ai loro traguardi personali. È ormai quasi normalizzato che una persona, in una relazione, si annulli per l’altra. E questo, nella maggior parte dei casi, non avviene perché non si abbiano le forze di far sentire la propria voce, ma perché con gli anni diventa semplicemente routine. Nessuno educa più questi ragazzi a lottare. E se non li si allena ad affrontare in maniera profonda gli ostacoli della vita, non può esserci progresso né sociale né culturale».

Quello della violenza di genere dunque per lei è un problema educativo?

«Sì. I ragazzi non sono abituati al rifiuto, non sono abituati a sentirsi dire “no”, e questo influisce tantissimo sul loro comportamento. In una relazione tossica, anche se c’è un soggetto che soffre più di un altro, entrambi non riescono a vedere la propria ombra distaccata da quella del partner. Non ci sono più due individui, ce ne é uno solo. Perché in questa società, che sembra quasi sia fatta apposta per due, si sono persi i valori della auto consapevolezza e della stima per se stessi. Si vive solo se si è con l’altro, perché è l'altro che ci determina, e non la percezione del nostro stesso valore. Va annullata la superficialità, bisogna avere il coraggio di scavare a fondo dentro di sé e affrontare le proprie paure, da soli».

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