Suonala ancora, Lucio: i funerali di Bruni al Terracielo di Modena
Alle 15 di oggi l’ultimo saluto all’indimenticabile pianista, ricordato con commozione anche da Vinicio Capossela: «Ciao grande Maestro».
MODENA. Nome Luciano, per gli amici Lucio, cognome Bruni. Un musicista riconosciuto e allo stesso tempo indissolubilmente legato alla sua città. Una parte di essa, la colonna sonora di chi ha sempre tirato tardi alla ricerca di un’altra jam session prima di andare a dormire.
Il funerale oggi a Terracielo
Se ne è andato sabato scorso e oggi ci sarà l’ultimo saluto a Terracielo, alle 15. Un artista naturale, dotato di una umanità, oltre che di un grandissimo talento, addirittura commovente. Quando suonava lo faceva con tutto se stesso. Con la postura, mai incollata alla seduta, ma soprattutto con gli occhi. Che sul palco davano l’attacco o chiamavano il resto della band a chiudere, e fuori scena ridevano per dire, nel non detto, tante cose. Per esprimere sincera gratitudine o tutto l’affetto di cui può esser capace un abbraccio, che arrivava subito dopo. Un Maestro. Lo chiamavano così. E non è che si potesse dire altrimenti. Talmente bravo che aveva l’umiltà di continuare a studiare, in un tête-à-tête con la musica, l’unico spazio, fra cielo e terra, dove gli sia mai piaciuto davvero abitare.
Il ricordo
Chi l’ha conosciuto lo sa, non sta scoprendo nulla ma chi non ha avuto questa fortuna deve sapere cosa si è perso. Mancherà a tutti. Perché di quest’uomo, che se n’è andato, è rimasta la sagoma impressa nell’aria. L’ologramma disegnato dal suo spirito indomito. Provato da una malattia che lo aveva reso fragile senza riuscire vincerlo. Suonava presentando la sua condizione senza nasconderla, mostrandosi con dignità. Conosceva i tempi dello spettacolo e tutti i segreti dell’architettura di una performance. E te li dava. Con una generosità insopprimibile. Aveva fiuto. E gusto. E mestiere. Perciò ci saranno per forza tasti bianchi e neri – e un accordatore come si deve – anche dove si trova ora. Che altrimenti non saprà dover mettere le mani. Suonare il jazz. Quella febbre lì non gli è mica passata. Perché si tratta, come una volta ha detto Giulio Vannini, non solo di un genere musicale, «ma di una parte costitutiva della storia del pensiero e dell’immaginazione». In breve dell’arte. Cioè di noi.
La storia di Lucio Bruni
Per lui era cominciato tutto così: «A 14 anni venne a casa mia un dimostratore di organi Eko, Suonò la bossanova e mi innamorai del jazz. Fu una folgorazione. Negli anni ’70 il jazz era un genere out, si conosceva solo lo swing, ma era già un’esplosione di storie, un pozzo delle meraviglie. Ci sono precipitato dentro e non ne sono mai uscito. E mi emoziono e mi commuovo ancora». E ci emozioniamo e ci commuoviamo ancora anche noi. Perciò, ovunque tu sia, con o senza Cole Porter, Louis Armstrong, Cab Calloway, Billie Holiday, Duke Ellington, suonala ancora Lucio.
Il ricordo di Vinicio Capossela
Commosso anche il ricordo dell’amico Vinicio Capossela: «È partito il Lodz, Luciano Bruni, un vero, caparbio, amico della vita – ha scritto sui social – Uno dei doni più belli sulla strada della musica. È davvero molto triste, ma anche un trabocco di gratitudine avere beneficiato della sua generosità».