L'Oss aggredito in ospedale: «Ha cercato di strangolarmi, ho temuto di morire»
La notte da incubo vissuta da un operatore picchiato lunedì scorso all'ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia da un paziente sotto l’effetto dell’alcol
REGGIO EMILIA. «Quel paziente mi ha afferrato il collo e mentre stringeva diceva frasi volgari. Poi ha continuato: “Muori, muori”. E questa volta ho pensato davvero di morire».
È stata una notte da incubo, ma purtroppo sta diventando la quotidianità di molti lavoratori in prima linea nelle strutture sanitarie quella vissuta da un operatore socio sanitario quarantenne, al pronto soccorso del Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, alle 4 tra domenica e lunedì. Il quarantenne si trovava nell’area di media intensità, quando la Polizia ha portato all’ospedale un 27enne, residente nella provincia reggiana: era chiaro fin dai primi momenti che non era lucido, anzi si trovava sotto l’effetto dell’alcol.
La testimonianza choc
«Era infastidito perché non voleva stare lì – racconta l’operatore socio sanitario –. Gli è stato detto che aveva le dita lacerate e, secondo le indicazioni della Polizia, avremmo dovuto eseguire dei prelievi e raccogliere le urine per poi fare dei test. Già al momento dei prelievi si erano verificati dei problemi. I prelievi li fa l’infermiera che non voleva stare sola con lui. La collega mi ha chiesto se potevo accompagnarlo in bagno per poter procedere con la raccolta del campione di urine. Lui ha appoggiato il contenitore sul bidet e ha urinato tutto intorno. Quando gli ho spiegato che avrebbe dovuto farla nel contenitore, lui ha detto di averla finita. Così abbiamo riprovato una seconda volta. Lui l’ha fatta nel contenitore per poi fare finta di darmelo. In realtà lo ha fatto cadere dicendo che era colpa mia, perché non avevo riflessi pronti».
L’aggressione all’improvviso
Il 27enne è stato poi riportato sulla barella dove gli è stata fatta l’ecografia addominale. «La dottoressa ha constatato che era pieno di urina, quindi ci stava prendendo in giro – aggiunge l’operatore sanitario –. La terza volta che l’ho portato in bagno respirava in modo più affannoso. Siamo entrati nel bagno, mentre aprivo la seconda porta che dà accesso ai sanitari ho cercato di spronarlo, dicendogli: “Dai, prima la fai e prima andiamo a casa”. Lui si è girato e mi ha messo le mani al collo. Mi ha minacciato con frasi volgari mentre stringeva le mani intorno al mio collo come per strangolarmi. Gridava: “Muori, muori”. Mi usciva soltanto un filo di voce. Ero con le spalle al muro e a un certo punto mi sono lasciato cadere a terra. Ho provato ad aprire la porta ma si è spezzata la maniglia e lui era sopra di me. Poi ho preso la maniglia con due dita e mi sono buttato fuori. Lui, di nuovo, si è gettato ancora sopra di me mentre, ancora, tentava di affogarmi. Poi i colleghi hanno visto la scena e sono arrivati a soccorrermi. Ho creduto di morire».
«Il suo piano era quello di ammazzarmi»
Il quarantenne pensa a cosa sarebbe potuto accadere se «non fosse successo a me, ma qualche mia collega più minuta. Il suo piano era quello di ammazzarmi. - prosegue - E succede spesso di essere aggrediti. Con schiaffi, spinte, sputi o ci troviamo di fronte persone che sbattono le mani sul bancone al triage o si rivolgono a noi in modo furioso. In quel momento ho pensato a mio moglie e a mio figlio: mi sono venuti in mente insieme alla paura di non poter tornare a casa da loro. Ho esperienza in arti marziali, ma è molto difficile liberarsi dalla stretta al collo. Per questo mi sono buttato a terra, per liberarmi dalla morsa».
«Serve un posto di polizia h24»
Tra le priorità da adottare in agenda che il quarantenne operatore socio sanitario indica per contrastare le aggressioni, c’è «il posto di polizia h 24: la divisa costituisce un grande deterrente. Quando la vedono da leoni diventano conigli, mentre se ci troviamo soli davanti agli aggressori cambia tutto. - aggiunge - Poi, l’utenza ha ragione quando dice che aspetta tanto. Serve, infatti, anche un aumento del personale. A volte non abbiamo nemmeno il tuo di bere bicchiere di acqua perché il lavoro da fare è tanto. Inoltre, la chiusura dei pronto soccorso periferici non aiuta di certo e nemmeno che il Cau sia lontano dal pronto soccorso».