Pugnali sotto al banco e taser mostrato in strada: così i bulli si vantano sui social
Il lato nascosto di Instagram: viaggio nei video dei giovani, spesso minorenni, che pubblicano i loro atti di violenza per accrescere la loro popolarità
MODENA. Il branco fa spettacolo, la violenza si vende come un trofeo, e il terrore diventa la moneta con cui si compra il rispetto. Il fenomeno del “picchio e posto” si è insinuato tra i giovani modenesi con delle radici che sono difficili, ora come ora, da estirpare. Si pesta, si filma, si condivide. L’adrenalina della rissa diventa un biglietto d’ingresso in una cerchia esclusiva dove il valore di un ragazzo si misura a colpi di taser e pugnali - non si fa per dire - e dove lo sfondo di questi scenari sono delle colonne sonore che inneggiano all’odio e alla normalità della violenza. Non più bullismo, non più singoli atti vandalici, ma un vero e proprio mercato dell’aggressione, che si basa su dei video che circolano in account social privati creati ad hoc per diventare le vetrine del degrado giovanile.
Come funziona
Una volta che si viene accettati su questi profili Instagram, che spesso non hanno il nome e il cognome del proprietario, ma il loro soprannome a cui viene affiancata o la parola “close” (letteralmente, dall’inglese, “chiuso”), oppure l’abbreviazione “priv”, (che sta per “privato”), si entra in una dimensione di violenza inaudita. Le leggi qui sono chiare: il branco non si nasconde, si esibisce. E più lo fa, più si ingrandisce. Andando nello specifico, è possibile trovare video di ragazzini (visibilmente minorenni), che estraggono i pugnali dal proprio zaino e li mostrano sotto il banco ai compagni di classe durante le lezioni; oppure le riprese di un giovane che utilizza tranquillamente un taser funzionante mentre cammina. O, ancora, scene di aggressioni, provocazioni a studenti che entrano a scuola, e risse. La dimostrazione più lampante di questo fenomeno sta nella ripresa dell’aggressione alla stazione delle corriere avvenuta giovedì, che per ore ha circolato su questi profili. Quindici ragazzini hanno scatenato la loro furia su un coetaneo senza timore. Il copione si ripete, le vittime cambiano, ma il messaggio è sempre lo stesso: la violenza è il loro status symbol, è il modo più rapido per scalare la gerarchia di un mondo parallelo, scollegato da regole e leggi.
Nessun timore
Un mondo che ha sfidato anche gli account social della Gazzetta quando, circa un mese fa, alla notizia della cattura di una baby gang, i commenti sotto i post erano diventati una sfilza di “pagliacci” e prese in giro. E in questo mare magnum di informazioni, c’è un dato che non si può ignorare: dietro quei profili anonimi e quei video di violenza, ci sono ragazzi che nella brutalità hanno trovato un ruolo, un’identità, un codice con cui imporsi. Ma ci sono soprattutto le vittime su cui tutto ciò ricade.