Carabiniera umiliata: «Il capitano finito ai lavori sociali va sospeso dal ruolo di comando»
La richiesta dei sindacati dei carabinieri alla luce degli sviluppi del caso giudiziario che ha coinvolto l’ex comandante di Compagnia di Pavullo, poi trasferito a Teramo, che ha ottenuto dal giudice del Tribunale Militare di Verona la messa alla prova con otto mesi di lavori socialmente utili. E c’è il nuovo caso legato alla penalizzazione del maresciallo che denunciò l’accaduto
PAVULLO. «L’ex comandante dei carabinieri della Compagnia di Pavullo ora va sospeso dalle sue funzioni». A chiederlo sono i sindacati, alla luce degli sviluppi del caso giudiziario che coinvolge il capitano, trasferito a Teramo dopo la denuncia arrivata dalla caserma di Pavullo.
Il fatto
L’episodio risale alla sera del 14 maggio 2024. Da quanto è stato ricostruito, l’ex comandante di Compagnia durante l’ispezione al cambio turno ha scritto con la biro sulla fronte di una carabiniera 21enne “visto, il capitano”, come si fa per avvenuto controllo sulle pattuglie. Lei è rimasta esterrefatta. Un giovane collega, percependo la gravità dell’accaduto, ha fotografato il viso della ragazza, facendolo circolare in una chat interna. L’episodio è emerso grazie a lui e al comandante di stazione, che ha subito attivato la scala gerarchica perché venissero presi provvedimenti. Il comandante provinciale ha immediatamente esonerato per 15 giorni il capitano. Poi nel giro di una settimana è arrivato il trasferimento a Teramo. Misura in realtà criticata dai sindacati, a cui è parsa una “promozione”. La Procura Militare di Verona ha avviato un’indagine, chiedendo poi per il capitano il processo con l’accusa di ingiuria a un inferiore di grado. Martedì in udienza, il capitano ha chiesto e ottenuto dal giudice l’ammissione a un periodo di messa alla prova: otto mesi di lavori socialmente utili che scadranno il 23 ottobre. Se risulteranno fatti in maniera proficua, eviterà il processo. Il capitano ha anche offerto un risarcimento alla 21enne per l’accaduto.
I sindacati
«Chiedendo una messa alla prova e offrendo un risarcimento, se non nella forma almeno nella sostanza, il capitano ha ammesso di aver sbagliato – sottolinea Nicola Spaziano, segretario provinciale del sindacato Unarma – il che è un’ottima cosa, ma doveva pensarci prima di fare un gesto così inqualificabile. Alla luce di questo, restano un mistero le motivazioni che hanno portato i vertici a disporre un trasferimento a Teramo che più che una “punizione” è sembrata l’assegnazione a una destinazione a lui gradita. Adesso siamo curiosi di capire come verranno svolti questi lavori utili, se nel mantenimento o meno delle funzioni di comando. Il caso di un capitano ai lavori sociali è senza precedenti». «Il Sindacato dei Militari – sottolinea il segretario generale Luca Marco Comellini – ritiene che il Comando generale dell’Arma debba necessariamente sospendere dal servizio il capitano autore dell'inaccettabile offesa alla militare, anche e soprattutto alla luce della sostanziale ammissione di colpa dell'imputato. Il provvedimento del Tribunale non si concilia con i compiti di servizio e di comando di un capitano».
Il nuovo caso
Negli ultimi giorni è emerso anche un altro caso: il maresciallo che è intervenuto a difesa della carabiniera 21enne che ha subìto la scritta in fronte da parte dell’ex comandante della Compagnia di Pavullo, infatti, ha subito la ripercussione di una “valutazione caratteristica” degradata da parte del capitano stesso, che ha così interferito sulla sua carriera. La sconcertante rivelazione è arriva dal sindacato Usmia. Il maresciallo negli ultimi anni aveva avuto solo valutazioni d’eccellenza. All’improvviso, dopo la segnalazione, il capitano gliel’ha abbassata. E l’abbassamento fu confermato dall’allora comandante provinciale. Ma il maresciallo ha fatto ricorso al Tar. «Pur non volendo entrare nel merito del documento caratteristico – aveva spiegato Carmine Caforio, segretario generale Usmia Carabinieri – appare però innegabile che la “valutazione” operata si pone in conflitto con le due posizioni, motivo che ci ha portato a impugnarlo con ricorso, dapprima al Ministero e ora al Tar, sperando di non dover ricorrere anche a una segnalazione all’Autorità Anticorruzione. Abbiamo piena fiducia nella giustizia e nelle istituzioni ed esercitiamo le nostre funzioni con discrezione e concretezza