Michelangelo Marinelli, presidente del fondo Modena Life: «Rignerare è la parola chiave: “Alcatraz” e non solo»
Il deus ex machina del progetto di riqualificazione dell’ex direzionale Manfredini: «Manager? No, di indole sono un “rottamaio” fin dal giorno in cui a Baggiovara vidi una Ferrari abbandonata in mezzo alle auto, chiedendomi se non ci fosse un modo per recuperarla e valorizzarla»
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MODENA. Ripensa a quella volta, quando era piccolo, che si trovò davanti a una Ferrari abbandonata in mezzo ai resti di altre auto rottamate, a Baggiovara. Allora pensò che doveva pur esserci un modo per riutilizzare e rigenerare quel gioiello. E adesso che è un po’ più grande, ci pensa ancora, ai gioielli della “sua” Modena da valorizzare, tanto che se qualcuno gli chiede di definirsi, lui non ha dubbi: «Io sono un rottamaio di indole». Michelangelo Marinelli, imprenditore e manager modenese, sarà uno dei protagonisti del congresso dedicato alla rigenerazione urbana che oggi pomeriggio a Palazzo Ducale porterà il tema al centro di tre dibattiti tra rappresentanti delle istituzioni, delle università e del mondo delle banche. Un’occasione per presentare alla città il nuovo fondo di investimento Modena Life, di cui Marinelli è presidente, che ha l’obiettivo di recuperare e riqualificare edifici e aree in disuso in tutta la provincia: tra questi c’è anche Alcatraz, l’ex direzionale Manfredini di viale Corassori, dove il cantiere per la bonifica è partito a novembre, con l’obiettivo di riconsegnare alla città l’edificio riqualificato entro il 2029. Un fondo nato proprio con l’obiettivo di rigenerare parte del patrimonio edilizio in disuso della provincia, dalla città all’Appennino, un altro territorio al quale il presidente di Modena Life tiene particolarmente.
Marinelli, partiamo da lei: si sente davvero un… rottamaio?
«Sì, di indole lo sono senza dubbio, a partire dal giorno in cui a Baggiovara vidi una Ferrari abbandonata in mezzo alle auto da rottamare, chiedendomi se non ci fosse un modo per recuperarla e valorizzarla. Lo stesso atteggiamento che ho sempre avuto con tutto quello che riguarda la mia terra, della quale mi interessa soprattutto la potenzialità inespressa, la possibilità di ripristinare e recuperare, che per me è un valore».
La sua terra, dunque: oggi a Modena c’è un grande bisogno di casa e una grande difficoltà a trovarla, ma le possibilità di costruire su terreni vergini è ridotta al minimo.
«Oggi, secondo i dati di Federconsumatori, a Modena ci sono circa dodicimila alloggi vuoti, a fronte di circa cinquemila richieste delle famiglie rimaste inevase. Quindi da una parte c’è un grande bisogno di casa, ma dall’altra ci sono tanti alloggi che restano sfitti».
Non è un paradosso?
«La questione centrale è che oggi domanda e offerta sono molto lontane, perché si trovano su due piani cartesiani diversi, che non si incontrano più, o almeno non si incontrano nella maggioranza dei casi. Una situazione che ha causato la cosiddetta “adverse selection”, la “selezione avversa”, un fenomeno economico caratterizzato dalla distorsione dell’equilibrio del mercato per la quale le risorse esistono e c’è anche richiesta, ma appunto domanda e offerta non riescono ad incontrarsi. Per fare un esempio molto concreto, oggi possiamo avere la signora anziana che vuole affittare il suo appartamento, ma magari le richieste che arrivano dal mercato non la soddisfano, perché non si fida di chi vuole entrare in casa sua, e teme che poi l’inquilino non pagherà l’affitto o causerà problemi».
Quali sono i rischi di questa situazione?
«I rischi sono molto seri, tanto che la crescita del nostro tessuto produttivo viene tarpata dall’impossibilità del nostro “sistema” di dare risposte, a partire da quella di una casa a chi ne ha bisogno. Anche qui, molto semplicemente, possiamo fare l’esempio dell’agente di polizia che chiede di andare via da Modena quanto prima, perché non trova casa o perché l’affitto è troppo caro. La stessa cosa vale per l’autista del trasporto pubblico, che magari avrebbe una possibilità di assunzione qui, ma preferisce restare in una città del sud, in una condizione più precaria e meno retribuita, perché di fatto qui incontrerebbe più difficoltà. Salendo di livello, abbiamo anche gli ingegneri che hanno un’offerta di lavoro nel distretto ceramico, che magari si vedono costretti a rifiutare una proposta interessante perché qui non hanno trovato un alloggio. Insomma, siamo di fronte a un problema strutturale del nostro sistema dagli effetti molto gravi, perché porta il tessuto produttivo a privarsi di figure professionali importanti per il futuro».
Come riallineare allora i piani cartesiani “sconnessi” e tornare a fare incontrare domanda e offerta?
«Negli anni passati i piani cartesiani di domanda e offerta venivano riallineati mettendo sul mercato nuovi alloggi e usando terreno vergine, ma adesso tutto questo, giustamente, non si può più fare, anche perché ci troviamo davanti a un’emergenza ambientale. E allora la risposta non può che essere nella rigenerazione: dobbiamo creare uno strumento con la forza sufficiente per affrontare la rigenerazione degli edifici, dalle strutture “terracielo” ai comparti industriali dismessi, ma anche interi quartieri».
“Rigenerare” è anche il biglietto da visita di Modena Life, il nuovo fondo immobiliare che lei rappresenta.
«Si tratta senza dubbio del primo obiettivo del fondo, che ha individuato cinque valori per attrarre nuovi investitori: oltre a quello finanziario ci sono quello ambientale, per l’importanza della rigenerazione, quello sociale, perché intercettiamo il fabbisogno di una comunità, quello di governance e infine quello della bellezza, un altro aspetto importante».
E poi c’è… Alcatraz: non era più facile abbatterlo che rigenerarlo?
«Troppo spesso si pensa, anche solo per pigrizia, perché scegliamo la soluzione che sembra la più semplice, che abbattere e ricostruire sia più facile. Pensando ad Alcatraz, si tratta del più grande ordine di mattoni d’Europa, 160 miliardi in mattoni: anche se decidessimo di abbattere, il recupero di quell’enorme patrimonio di materiale sarebbe quasi insignificante. Per questo, la nostra strada sarà senza dubbio quella della rigenerazione, che vale per Alcatraz, ma anche per tante altre strutture in provincia: abbiamo calcolato che oggi nel Modenese ci sono circa 2,5 miliardi di euro in interventi di riqualificazione da fare».