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La testimonianza

Viadotto degradato dell’Estense, un operaio: «È passato un mezzo pesante, poi la rottura del ponte»

di Daniele Montanari

	Il viadotto dell’Estense che collega Serramazzoni a Pavullo nel punto dove si è verificata la frattura
Il viadotto dell’Estense che collega Serramazzoni a Pavullo nel punto dove si è verificata la frattura

Braglia, presidente della Provincia: «Da Anas ci attendiamo una verifica completa su tutta la struttura»

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SERRAMAZZONI. «Un colpo fortissimo dopo il passaggio di un autoarticolato che trasportava un carico molto pesante. Si è aperta una crepa larga tutta la carreggiata, l’allarme è stato immediato». Questa sarebbe la dinamica che ha portato alla chiusura del viadotto dell’Estense, per la prima volta nell’arco di 43 anni.

L’allarme degli operai

È quanto hanno riferito gli operai che giovedì pomeriggio stavano facendo (in un altro punto lontano da quello di rottura) i lavori di risanamento conservativo sulla struttura. Ed è ciò che confermano anche diverse testimonianze di automobilisti che si trovavano in transito sul ponte in quel momento, che hanno sentito «un boato» e un ’oscillazione che ha fatto rabbrividire pensando alla tragedia del ponte Morandi. È stato proprio grazie alla pronta segnalazione di questi operai che sono scattati subito gli accertamenti sulla struttura che hanno portato prima alla viabilità a senso alternato e poi alla chiusura al transito, almeno fino al 28 marzo. A confermare le voci su una dinamica di questo tipo all’origine della crisi viaria è lo stesso presidente della Provincia, Fabio Braglia: «A noi è stato riferito che gli operai di una ditta presente in loco per un altro tipo d’intervento hanno visto il cedimento dopo il passaggio di un autoarticolato con un carico molto pesante – spiega – per fortuna se ne sono accorti e hanno dato subito l’allarme: in questi casi è fondamentale intervenire nel più breve tempo possibile».

Cosa è successo

Sarà la relazione tecnica degli ingegneri incaricati da Anas di far luce sull’accaduto a dare conferma o meno di questa ipotesi sull’origine della grave crisi strutturale. Se le cose fossero effettivamente andate così, la frattura stradale sarebbe avventa perché, con il peso, «i filamenti di acciaio dentro alla trave sono fuoriusciti facendo staccare il giunto e quindi causando la crepa nella sede stradale». In sostanza, a causa del peso si sarebbe spezzata la trave.

Insomma, in questa ipotesi ci sarebbe dunque una dinamica “traumatica” all’origine di tutto. Il che sarebbe anche rassicurante in qualche modo, perché vorrebbe dire che non si tratta di collasso autonomo di un ponte che, inaugurato nel 1982, ha ormai 43 anni. Ma è anche vero che, se di fatto “traumatico” si tratta, bisogna ora verificare tutte le sue conseguenze. Per poter riaprire a un transito veicolare di circa 15mila mezzi al giorno, non si può limitare l’intervento di ripristino alla sola risaldatura del punto spezzato: «Ciò che ci attendiamo dall’analisi tecnica di Anas – nota Braglia – è una verifica completa su tutta la struttura del viadotto, per capire se ciò che è accaduto ha avuto conseguenze limitate o estese anche sul resto della struttura. Questo ovviamente cambierebbe sensibilmente anche i tempi di ripristino».

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