La nuova mostra di Andrea Saltini in una dimensione “purificata”
L’artista giudicato “blasfemo” a Carpi con dipinti bucolici e personaggi storici
MODENA. Non rinuncia Andrea Saltini a presentare il suo lavoro al pubblico. Anzi. Dalla mostra “Gratia Plena”, un anno fa a Carpi, nella Chiesa di Sant’Ignazio (sede del Museo diocesano), ritenuta “blasfema” da una parte del pubblico che ha fatto ricorso anche a “rosari riparatori”, l’artista carpigiano ne è uscito ancor più consapevole dell’importanza delle sue opere, capaci di offrire una personale ricerca di spiritualità, di dialogo con l’Oltre, il Mistero e la Fede. Ecco allora la sua nuova mostra “Il Selvaggio Blu Laggiù”, a cura di Anna Vittoria Zuliani, che viene inaugurata sabato 22 marzo, alle 18.30, e resterà aperta fino al 4 maggio, presso Rosso Tiepido, in via Emilia Est, diretto da Tiziano Del Vacchio.
Perché “Il Selvaggio Blu Laggiù?
«Fa riferimento all’opera principale realizzata, site specific, in novembre, sul nuovo fondale del palco di Rosso Tiepido. Sono quattro pezzi (metri 5x8), con il titolo “La cura”, che raffigurano due fanciulli dopo il bagno in un laghetto di campagna. Una scelta molto bucolica. Sullo sfondo il blu che è spiritualità e mistero».
Come si presenta la mostra?
«Anche se diverse, le opere, realizzate nell’ultimo anno, hanno un filo conduttore. In questo progetto, per la prima volta non c’è un vero tema unico, ma una galleria di personaggi, indagati anche nella loro interiorità. Si passa da Madame Butterfly (Un del dì vedremo…) a Dafne e Apollo, da Cristo a Barry Lyndon e al mito dell’androgino, tutti collegati tra loro, come del resto faccio da anni, secondo la tecnica di “La mise en abyme”, che consiste, citando cose precise prese dal cinema, dal teatro, dalla letteratura, dalla danza, nel reinterpretarle, lasciando in campo la possibilità al visitatore di trovare persino una sua linea personale. Non una libertà di interpretazione vera e propria, ma tenere aperti e stratificati i significati, in modo da poter aumentare il raggio di conoscenze, per trovare qualcosa che possa appartenere a chi osserva l’opera. La mise en abime è una procedura impiegata anche in altre arti».
Questa è la mostra della purificazione?
«Ognuno la può interpretarla come vuole. C’è la massima libertà».
Tra le tante polemiche della mostra a Carpi, cosa le ha provocato una grande ferita?
«La mancanza di contraddittorio più squisitamente artistico. Visto che sono stato criticato, in male modo, sul “plagio” (che non lo è stato), si poteva parlare di citazionismo, di tecniche usate. Di arte non si è potuto parlare mai. Non mi hanno giudicato come pittore».
Ora c’è il quadro raffigurante Cristo…
«Sì, c’è “Jesus Suburbia”, Gesù delle periferie, che ho donato a Rosso Tiepido. Religiosamente parlando sono io. Riconosco la figura di Gesù Cristo vicino ai poveri. Un Gesù moderno in un quartiere periferico su un’auto tutta scassata, ma in cosmo supersalvifico».
Ma lei ha lavorato, ufficialmente, per varie curie?
«Certamente: a Carpi, Teramo, Reggio Emilia ».
Affronterà altri temi sacri in futuro?
«Lo farò, se avvertirò il desiderio di farlo. Già nel 2005 lavoravo su episodi del Vangelo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA