La sorella di Daniela Coman: «Era troppo buona, voleva salvare quell’uomo dal tunnel della droga»
Leontina, sorella maggiore della 48enne uccisa da Peter Pancaldi a Correggio, ha avuto un grande ruolo nelle indagini illustrando subito ai carabinieri i dettagli di quella relazione tribolata: «Ha pagato con la vita la sua generosità»
FAENZA. «Le ultime parole di Daniela, poche ore prima di essere uccisa, con tutto ciò che ha subìto, sono state che nonostante tutto non poteva abbandonare quell’uomo. Lo voleva aiutare a rimettesi in piedi per uscire dal tunnel della droga». È quanto ha dichiarato Leontina Coman, la sorella maggiore di Daniela, la 48enne di Sassuolo trovata morta mercoledì 14 maggio nella casa del compagno Peter Pancaldi a Correggio.
Le parole della sorella
La familiare dal 2019 vive a Faenza, dove si è trasferita con il marito imprenditore reggiano. Contattata via social da Telereggio, Leontina prima si ritrae. «Mi dispiace, in questo momento non siamo pronti a parlare del nostro dolore». Poi, quando le viene chiesto un ricordo di Daniela, aggiunge: «Era una persona troppo buona per poter abbandonare una persona in difficoltà. Ha pagato perché voleva solo aiutare: ecco com’era mia sorella». Leontina ha avuto un grande ruolo nell’indagine: senza il suo allarme tempestivo, i carabinieri non avrebbero risolto in così breve tempo il caso, che all’apparenza poteva essere catalogato come una semplice scomparsa. Il fatto che le sorelle fossero legatissime, si sentissero per telefono più volte al giorno e si confidassero tutto, è stato determinante. Se l’accortezza che usava Daniela di tenere sempre acceso il cellulare nella borsa e di avvisare Leontina quando incontrava Peter Pancaldi non è bastata per salvarle la vita, la sorella ha subito ipotizzato il peggio additando il compagno come responsabile.
La relazione tribolata
Nelle sue dichiarazioni ai carabinieri, alquanto circostanziate, la sorella ha riferito una quantità di dettagli di quel rapporto travagliato che dall’innamoramento iniziale per quell’uomo dagli occhi azzurrissimi aveva reso ben presto impossibile la quotidianità della 48enne, alle prese con gli impegni lavorativi e i tempi stretti di una donna sola: dalle richieste di soldi ai tentativi di strangolamento, dalla “semiconvivenza” a Prato (dove Daniela si recava ogni fine settimana) alla volontà della vittima di non allontanarsi dal figlio a Sassuolo. Fino all’ultimo Daniela era convinta di poter supportare il suo uomo nel risolvere i problemi di dipendenza. Purtroppo è andata diversamente.
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