Gazzetta di Modena

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L’incontro

Folla a Modena per Francesca Albanese: «Grazie per questo abbraccio pieno di calore»

di Ginevramaria Bianchi

	Francesca Albanese dopo l'incontro in municipio
Francesca Albanese dopo l'incontro in municipio

La relatrice speciale delle Nazioni Unite ricevuta in municipio dal sindaco Massimo Mezzetti e poi ospite al Dig Festival: «Quando parlo di Palestina non esprimo opinioni, è frutto di studio e ricerca. Oggi Gaza è distrutta: non usciremo da questo genocidio come ci siamo entrati, prevedo tempi bui»

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MODENA. Ci vuole coraggio. Ci vuole coraggio a difendere chi ti sta contestando pubblicamente perché la platea davanti a te lo sta sovrastando con fischi e grida. Ci vuole coraggio a non abbassare la voce, a non smettere di guardare negli occhi chi non vuole ascoltarti. Ci vuole coraggio a usare le parole per quello che sono, senza sconti: “genocidio”, ad esempio. Lei lo ha, questo coraggio. Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, recentemente finita in mezzo a uno scandalo diplomatico con gli Usa, è arrivata a Modena per il Dig Festival per parlare apertamente, per fare luce su alcune questioni e per smentirne altre. C’era chi contestava il suo arrivo in città, chi, sui nostri profili social, l’ha accusata di antisemitismo. Ma, fortunatamente, la nostra città le ha restituito un abbraccio che lei stessa ha definito «caloroso come poche altre volte prima».

Le tappe della sua giornata a Modena

La sua giornata è stata una sequenza di incontri e simboli, scandita da momenti istituzionali e da momenti popolari, umani, toccanti. La mattina l’ha accolta il sindaco Massimo Mezzetti, che l’ha ricevuta per consegnarle un “Grosso” d’argento, la prima moneta coniata da Modena nel 1226. Un piccolo disco di metallo che nelle mani di Albanese è diventato altro: il gesto di una città che sceglie la strada della consapevolezza, e che non vuole voltare le spalle.

Poi il primo talk della giornata, al Collegio San Carlo: “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”. Un titolo già tagliente, che Albanese ha reso ancora più duro rileggendo pubblicamente le conclusioni del suo rapporto, presentato a giugno: la denuncia che l’economia globale, dai circuiti universitari alle imprese, dai fondi finanziari alle istituzioni pubbliche, «non solo tolleri, ma sostenga e tragga profitto da un progetto che oggi ha assunto la forma di un’economia del genocidio».

Il pomeriggio è stato il tempo della gente, della solidarietà. In piazza Grande, ai piedi della Ghirlandina, la folla l’ha accolta con una vicinanza fisica quasi ostinata. Mani che cercavano di toccarla, persone che si stringevano intorno, occhi commossi. Persino i suoi.

E poi il talk più atteso, “Quando il mondo dorme”, come il titolo del suo ultimo libro. Nel tardo pomeriggio, nella sede di Dig, Albanese è arrivata timidamente e ha scelto, come prima cosa, di stare. Non voleva mettersi seduta sulla sedia come da programma, voleva stare tra la gente. Un dettaglio che ha colpito la platea al punto che, di lì a pochi secondi, si è iniziato a sentire solamente il boato del battito di mani, che non cessava. Due minuti di applausi ininterrotti prima ancora che parlasse, solo per lei. Poi il monologo. Nudo, crudo, come un fiume che non conosce argini.

Le parole di Francesca Albanese

«Parto dicendo che Israele non è autorizzato alla legittima difesa - ha detto -. Qui non c’è uno Stato che ha attaccato. Violenza quella del 7 ottobre, sì, ma ci siamo dimenticati 57 anni di occupazione militare?». Le parole scorrevano, nette e implacabili, mentre davanti a lei le bandiere palestinesi ondeggiavano al vento. Rosso, verde, nero e bianco, in costante vibrazione. «Quando parlo di Palestina non esprimo opinioni: è frutto di studio e ricerca - ha proseguito -. E' faticoso confrontarmi con chi non sa nulla di Palestina». E nel frattempo, in mezzo agli applausi, si alzavano anche le voci contrarie. Fischi, urla, accuse di retorica. Qualcuno che tentava di interrompere. La piazza reagiva, sovrastava, difendeva. Lei no: lei fermava tutti con un gesto, chiedeva calma. «Va bene così», diceva, mentre provava a riprendere parola. «La colpa dei palestinesi? - ha continuato ostinatamente - Vogliono essere riconosciuti. A volte serve la resistenza, anche la storia del nostro Paese lo dimostra. Con questo non giustifico la violenza su Israele. Ma non smetterò di condannare lui, e gli Stati che non hanno fatto nulla per fermarlo». «Oggi, Gaza è distrutta. Non il popolo palestinese: loro non se ne vanno. E servirà un amore immenso per risanare tutto. Ma prima serve giustizia. Non usciremo da questo genocidio come ci siamo entrati. Io sono pacifista, ma prevedo tempi bui». La folla si stringeva, tra abbracci e slogan. «Non abbiate paura se vi dicono che siete antisemiti: rispettare la Palestina non significa odiare gli ebrei. Io ho tantissimo rispetto per le comunità ebraiche. E con tutto il fiato che ho in corpo vi dico di unirvi a noi per non lasciarli soli».

L’abbraccio e il “grazie” ai modenesi

Il firmacopie finale è stato un assalto dolce: file di persone, libri aperti, mani protese, sorrisi e occhi lucidi. Sullo sfondo, un coro che cresceva, come un’onda che torna: «Palestina libera, Palestina libera». «Grazie Modena, mi hai accolta calorosamente, come poche città prima», ci ha detto Albanese. Perché per un giorno, Modena ha scelto da che parte stare: dalla parte della parola che non si nasconde, dalla parte del coraggio. Dalla parte di Francesca Albanese. Ancora, tra i portici del centro storico, si sente riecheggiare il coro: «Palestina libera».