Il vescovo sulle guerre e il corteo per Gaza: «Mobilitarsi per la pace è sempre positivo, ma non deve tradursi in violenza»
Le riflessioni di don Erio Castellucci su Israele, Palestina, Hamas e piano Trump
MODENA. Mentre il mondo continua a essere attraversato da guerre, proteste e tensioni crescenti, il confine tra l’indignazione legittima e la rabbia distruttiva sembra assottigliarsi sempre di più. Dalle piazze che invocano la fine dei conflitti, ai social che amplificano ogni voce e ogni slogan, la ricerca della pace si mescola spesso a un sentimento di esasperazione collettiva. In questo clima, la parola della Chiesa si fa invito alla misura: un appello alla lucidità, alla profondità, alla pace vera. E a farlo, è monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena e Nonantola, che invita a leggere la mobilitazione per la pace che si è tenuta qualche giorno fa a Modena non solo come gesto politico o emotivo, ma come espressione di un desiderio profondo di giustizia.
«No alla violenza»
«La mobilitazione a difesa della pace è sempre un fatto positivo – afferma netto Castellucci – Credo che questo fenomeno vada letto in profondità, come una rabbia nei confronti di queste continue violazioni del diritto, della dignità umana, e anche come un desiderio di costruire un mondo diverso. L’indignazione è un sentimento che ci deve accompagnare sempre. Pensiamo alle 56 guerre in atto, alcune delle quali come vittime, come numero di vittime, come violenza, non sono affatto inferiori alle due che conosciamo meglio. Per questo, l’indignazione deve esserci sempre, e non deve tradursi in violenza. Tantomeno in violenza antisemita».
«Non facciamo di tutta l’erba un fascio»
L’arcivescovo invita, quindi, a distinguere con chiarezza: non tutti gli ebrei coincidono con le scelte del governo di Israele. Perché confondere piani così diversi rischia di alimentare ingiustizie ulteriori: «C’è da dire che, per alcuni, è difficile distinguere tra gli ebrei, lo Stato di Israele che comprende anche non ebrei, e il governo attuale di Israele, per cui spesso si appiattisce tutto e si fa di ogni erba un fascio. Da un certo punto di vista, purtroppo, l’azione di rappresaglia dello Stato di Israele, così spietata e sproporzionata, ha alimentato anche un certo antisemitismo. E, da un altro punto di vista, molte persone ne approfittano per dare addosso agli ebrei».
«Hamas restituisca gli ostaggi»
E così, l’ombra lunga dell’antisemitismo, torna a destare preoccupazione: «Se temo la rinascita di un sentimento antisemita nell’Occidente, e in Europa in particolare? – incalza – Forse ci sono dei focolai che non si sono mai spenti del tutto, e che approfittano della situazione attuale per riaccendersi. Dall’altra parte, ripeto, il governo dello Stato ebraico attualmente dà il destro all’antisemitismo. Bisogna che ci si metta davvero a un tavolo a trattare, che vengano restituiti tutti gli ostaggi vivi e defunti da parte di Hamas, che Hamas si tolga dal panorama dei possibili gestori del dopo, e che si cominci veramente a rispettare il diritto internazionale».
«Il piano Trump? Buona base di partenza»
Una via di dialogo, dunque, che non nega la fermezza. Ma cerca la ragionevolezza. «Il piano Trump può essere la soluzione? Sicuramente è una base di partenza. Sembra, infatti, che in questi giorni venga preso in considerazione. Non so se potrà essere la soluzione definitiva, perché poi, strada facendo, sicuramente ci saranno delle resistenze. Ma almeno – conclude – è un tentativo di mettersi al tavolo».
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