Il cronista, l’ultima rubrica e la fede di un cantastorie
Amava Modena e il centro storico. Nascerà un suo podcast
- IL LUTTO/ Morto Stefano Totaro, colonna della Gazzetta
- L’ADDIO/ Le note di Bob Dylan e la poesia della sorella
Ciao vecio. Oggi come facciamo a ripetere il tuo freghten? Come facciamo a fregarcene? In questa pagina chi ha vissuto con te dal primo giorno e chi ti ha assunto ti raccontano come un libro aperto, mettendo in evidenza il tuo tratto distintivo, di persona e di giornalista.
Io parto dall’oggi e cerco di non dimenticare, voglio fissare tutto per non perdere nulla. Ti abbiamo negli occhi mentre ci guardi, sollevi le spalle e tiri dritto, facendo finta di non conoscerci in uno dei tuoi rituali. Sei sempre tornato indietro, dopo pochi passi, con uno dei tuoi tormentoni: il sacro tubo, sedicisei, sei creti’, più uguale, espulsione, k, cos’haaaaaaaiiiiiiiii?, tammazzo, chiuuuuuu, carmelino... L’elenco potrebbe essere ancora più lungo e incomprensibile ai più. Ma noi sappiamo, perché il tuo dono era quello di farti sentire sempre, anche con i silenzi (e anche quando simulavi di essere in un autodromo durante una memorabile telefonata nella vecchia sede di via Ricci). Tu, il palco, te lo prendevi e il copione era libero. Ti piaceva imitare - Bracardi in via Taglio era un format giornaliero come ricordano i più vecchi di militanza - ma non eri uno da cover, sei sempre stato un cantautore (e un armonicista) di razza in tutto quello che facevi, originale, unico. Perché il pezzo lo facevi tuo, prima di tutto sul campo, cronista di una nera raccontata con quello sguardo che a volte serve per affrontare e superare i fatti più duri.
Questa volta sappiamo che le tue Clarks non torneranno indietro. Ci fa male, e non mi interessa oggi se forse solo noi della Gazza e qualche collega nerista - con il quale hai condiviso ore di strada e tribunale - possiamo capire acronimi, slogan, battute, aforismi, rebus. È un ricordo intimo, per quello che hai rappresentato nella storia di questo giornale.
Per tutti eri il compagno di banco ideale: ci si diverte e sai che da lui puoi copiare, brontola ma dura poco. Per fortuna avevi ripreso a scrivere. Tra una passeggiata e l’altra nel tuo amato centro storico, tra l’Albinelli e l’Aldina, parlavamo più di quanto non avessimo fatto in redazione per 15 anni, i miei primi, i tuoi ultimi prima di portare il tuo estro e il tuo talento fuori dalla Gazza. Era una passeggiata abituale, che poi si è diradata nell’ultimo anno (colpa mia, lo so. E mi fa stare ancora più male anche se non me lo dici).
Continuavi a segnalarci notizie, a inviarci le tue foto. E poi: perché non iniziare con una rubrica? Ci avevamo provato a mettere dei paletti, ma come fai a mettere dei paletti a Tost? Sostiene Totaro, per scrivere a modo tuo, come sempre. L’ultimo pezzo a luglio, prima della pausa estiva, avevamo anche discusso per renderlo più comprensibile. Era uno dei tuoi classici: i nomi dei giocatori stranieri mescolati al dialetto modenese nella campagna acquisti del Modena dei sogni. Dudè, il brasiliano lento, Kundlakelma, il congolese ancora più lento, l’egiziano Sadit e una serie infinita di nomi dipinti nei modi di dire di una lingua, la tua, che subito diventava anche nostra. Surreale e disincantata, ironica e irriverente. Poi è arrivato quel maledetto giorno di settembre.
Scorro la chat. In tempi non sospetti arriva un messaggio. “Non è un pezzo, è una confidenza. Dal vangelo secondo me”. E via con un vortice che spiega che cos’è la fede per te. Chissà perché me l’avevi mandata... Beh sai cosa c’è Tost? La copio e la incollo qui. Brontolami ancora un po’, ma è giusto che l’ultima parola, oggi, sia tua. E leggendo quello che segue mi sento meno solo. Ciao vecio.
ps: mi avevi sgridato perché eravamo in ritardo con i podcast che ci avevi sceneggiato, sarà la prossima sfida della Gazza e porteranno il tuo nome. Promesso.
Sostiene Totaro che la fede è una festa dell’anima, sale verso il sogno di un signore buono che ci accomuna. Però la fede è un po’ come un cagnolino, che pedissequamente segue il proprio padrone, con o senza guinzaglio. Ti porta, ti accompagna, poi il cagnetto fa la pipì. Ah, è un peccato. No la fede va oltre alle stronzate umane. Si ferma come una nuvola e ti guarda e se non sei capace di vederla scende giù e ti avvolge. Dio non c’è, la fede invece ha il potere delle lacrime di innamorati, ha il valore di una divisa, ha il suo stile. Porta bene avere fede. Beh, chiediamolo a chi c'è l’ha. Da tempo penso sia un sentiero verso non l'alto ma verso se stessi. Lo sostiene Totaro.
* direttore della Gazzetta di Modena