Gazzetta di Modena

Modena

Il ricordo/2

Trent’anni insieme a lui, giornalista dalla schiena dritta

di Giovanni Gualmini

	Totaro con Mascolo, Gualmini e gli ex colleghi
Totaro con Mascolo, Gualmini e gli ex colleghi

Giovanni Gualmini, caporedattore della Gazzetta di Modena: ci hai regalato una montagna di ricordi importanti, divertenti, incancellabili. Antonio Mascolo, ex direttore: «Un vortice, ti tirava su e ti tirava giù»

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MODENA.  Chi se ne va, si dice sempre, lascia un vuoto. Sicuramente è vero, ma a te questo discorso non sarebbe piaciuto e, con quella faccia che non capisci se per scherzo o sul serio, avresti detto: “Veh, bel moretto, è una frase fatta”. Quindi, caro Stefano Totaro, o meglio caro Tost, facciamo un piccolo elenco di ciò che hai lasciato nel tuo breve, troppo breve viaggio in nostra compagnia. Ci hai regalato una montagna di ricordi importanti, divertenti, incancellabili. Eri un giornalista, un collega, ma nella vita sei stato tante altre cose: uno scrittore, un copywriter, un musicista. Anche un poeta. Soprattutto un amico ed eri così speciale che a tutti noi veniva naturale perdonarti ogni eccesso, le sbandate e le distrazioni. Eri acuto e intelligente, con una ironia magnifica, mai scaduta nella volgarità. I tuoi trent’anni in redazione sono stati intensi, sul piano professionale e umano. E anche qui sembra di sentirti: “Veh, bel moretto….”. Ma è la verità. E ora spiego a chi non ti ha conosciuto chi eri e che cosa facevi nel bailamme della vita.

La carriera
Stefano Totaro aveva iniziato la sua carriera a metà degli anni Ottanta, tempi di macchine da scrivere e fogli pasticciati, insieme a un gruppo di giovani che sono diventati, col tempo e l’esperienza, la colonna del giornale. Aveva talento, lo ha dimostrato occupandosi di grandi eventi, di cronaca nera e giudiziaria. Sapeva, con stile, anche far sorridere. Come nelle notti passate a inseguire e scrivere notizie dell’ultima ora quando, stremati, salutava traducendo in inglese i detti modenesi. “Ragazzi, abbiamo finito… and goodnight to the bucket”. Era un bravo cronista, dalla battuta pronta, con una prosa riconoscibile e tagliente, spesso memorabile. Come quando, raccontando di un uomo intossicato da un erbazzone avariato, sottolineò con elegante perfidia che si trattava di un prodotto della tradizione reggiana. Riusciva a stemperare le tensioni, naturali in un lavoro frenetico e stressante.

I ricordi
Mille ricordi, una montagna di aneddoti. Il buio a Rosola di Zocca inseguendo i dettagli di una tragedia e cercando una cabina telefonica per dettare l’articolo: come in un rally, alla guida “driver l’imprendibile”. L’avviso di garanzia ricevuto per rivelazione di segreto: schiena dritta e tutela delle fonti “costi quel che costi” fino all’archiviazione. Le interviste fatte a chi non voleva parlare e che, di fronte a lui e alla sua empatia, si scioglievano in un fiume di parole. Ci sapeva fare. E poi i racconti del Portogallo, di cui era innamorato, il calcio e Bob Dylan… Qualche anno fa, a sorpresa, aveva salutato tutti, dimettendosi dal giornale nel quale era cresciuto. Una scelta di vita, la sua, dopo tre decenni senza orari, di corsa, con poco tempo da dedicare alle passioni. Ha continuato a frequentare la redazione, che in fondo resta una seconda casa per il gruppo degli Anni Ottanta. Poi, in una spirale fatale, il fisico ha ceduto, quasi di schianto. La sua morte ci fa tristi e piccoli, ci fa riflettere sulle fragilità, col rimorso delle cose non dette per la fretta o la stanchezza. Ma torniamo a noi, “bel moretto”. Lo si dice di tanti, magari senza pensarlo veramente, solo per rispetto ed educazione, ma con te è diverso, è reale: lasci un grande vuoto e chi non ti ha conosciuto, negli anni migliori, si è perso molto. Ma a pensarci bene, non è così che avresti voluto il saluto. Niente lacrime, né sentimentalismo, nostalgia o rimpianti. E allora, ricordando certe notti davanti al computer, un ultimo: ciao Tost, ci mancherai, and goodnight to the bucket

Le parole dell’ex direttore della Gazzetta, Antonio Mascolo

Nella banda, che trovai e formai, su quella nave corsara che era la “Gazzetta di Modena” dal 1988 al 2008, “Tost” era il poeta. E i poeti, si sa, ti spingono al limite, “rompono i maroni”, rompono gli schemi, vedono cose che tu non vedi, nemmeno se te le sottolineano decine di volte. Stefano era dolce, suadente, vispo ma sapeva farti incazzare, sfidarti, metterti alla prova. Era la nostra vittoria e le nostra sconfitta. Era un vortice, ti tirava su e ti tirava giù. Con la stessa facilità con cui raggiungeva gli incanti, sapeva accarezzare gli abissi. Era il nostro specchio, fragile e forte. Capace di cadere a pezzi o di riunire il milione di briciole e ricreare, come in un miracolo, qualcosa. Umano, fallibile, tenero ha lasciato una traccia profonda in tutti noi, nella città. Ciao, geniale Totaro che ci hai mostrato tante facce della vita.