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In tribunale

Guidava ubriaco nell’incidente in cui morì la moglie: chiede di patteggiare

di Daniele Montanari

	Il furgone fuori strada e Ana Maria Botezatu
Il furgone fuori strada e Ana Maria Botezatu

Il 43enne, accusato di omicidio stradale per l’incidente a Levizzano in cui perse la vita Ana Maria Botezatu, ha concordato con il pm una pena di 1 anno e 9 mesi di carcere: il giudice si esprimerà nell’udienza del 6 novembre

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CASTELVETRO. Era ubriaco alla guida quando causò il terribile incidente che causò la morte della moglie. Accusato di omicidio stradale, adesso chiede di patteggiare. Sono gli sviluppi giudiziari della tragica uscita di strada che l’8 ottobre 2023 costò la vita alla 29enne Ana Maria Botezatu, di origine rumena ma residente a Scandiano (Reggio), dove lavorava come barista. Ha lasciato due bambini, figli della coppia.

Lo schianto

Quella sera (erano quasi le 19, ormai faceva buio) viaggiava come passeggera nel furgone guidato dal marito 43enne, anche lui di origine rumena, che abitava con lei a Scandiano. Lo spaventoso incidente si verificò in via Sapiana, a Levizzano. Il mezzo stava procedendo da sud verso nord quando all’altezza del civico 24/G nell’affrontare una curva l’uomo perse il controllo del mezzo uscendo di strada e andando a finire contro un palo della luce in cemento. Un urto terribile, che deformò l’abitacolo proprio nel lato destro dove la donna era seduta come passeggera. Fu colpita alla testa subendo lesioni gravissime: morì praticamente sul colpo, sotto gli occhi del marito sconvolto. Per lui alla fine lesioni lievi, che richiesero comunque il trasporto in ospedale. Qui nell’ambito degli accertamenti emerse che l’uomo era alla guida in stato di ebbrezza alcolica. Per lui inevitabile l’accusa di omicidio stradale. Rischiava una condanna dai 5 ai 10 anni di carcere.

In tribunale

I suoi avvocati (Thomas Gianello e Martina Resca) hanno valutato subito la possibilità di chiedere un patteggiamento dopo che l’assicurazione aveva provveduto al risarcimento dei figli della coppia. Ma c’era da vagliare anche la posizione dei genitori della vittima, e di suo fratello, che si sono costituiti parte civile. Solo nel momento in cui l’assicurazione ha provveduto anche al loro risarcimento è stato possibile ottenere il riconoscimento delle attenuanti e quindi chiedere il patteggiamento. L’istanza è stata formalizzata ieri dai legali, che hanno concordato con il pm una pena di un anno, 9 mesi e 10 giorni di carcere. Il giudice ieri si è preso alcuni giorni per verificare la congruità della pena: comunicherà la sua decisione nella prossima udienza fissata al 6 novembre.

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