Franco Cioni libero: «L’omicidio di mia moglie, il carcere e la grazia di Mattarella, ecco come ho vissuto tutto»
Il 77enne era stato condannato a sei anni e due mesi di carcere per avere ucciso Laura Amidei, malata terminale: «Mia moglie soffriva tantissimo, solo chi vive queste situazioni può capire cosa si prova: servirebbe una legge per il fine vita. Tra i detenuti e ho capito tantissime cose»
MODENA. La sera prima è andato a dormire convinto che, all’alba, lo avrebbe atteso un altro giorno in carcere. Ma poi è successo tutto rapidamente: Franco Cioni, 77enne condannato nel 2023 a sei anni e due mesi di carcere per avere ucciso la moglie Laura Amidei, malata terminale, è tornato a casa. Il suo nome è uno dei cinque nei decreti di grazia sottoscritti dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Mi hanno dato tutte le mie cose, quelle che mi avevano preso quando sono entrato in carcere – racconta Cioni, di fianco al suo avvocato Simone Bonfante – e poi mi hanno detto: “Vai, vai. Ora sei libero”».
La scelta drammatica
Ha la voce pacata Cioni, una voce però inevitabilmente segnata da un dolore che si porterà sempre dentro. Ma continua a ripeterlo: «Non ce la facevo più a vedere mia moglie così: io ero arrivato al limite. Mia moglie negli ultimi tempi soffriva tantissimo. L’ultimo anno lo abbiamo trascorso sempre fuori e dentro il Policlinico. In mezzo c’è stato anche il periodo de Covid, e non potevo nemmeno andarla a trovare quando veniva ricoverata». Così quel 14 aprile 2021 è arrivata la decisione, quella di porre fine volontariamente alla vita della moglie con la quale stava insieme da una vita. Era stato lui stesso a chiamare i carabinieri e confessare dopo l’omicidio commesso nella loro casa a Vignola. «Il dramma di chi vive certe situazioni – evidenzia Cioni – non si capisce finché non si vive. Da fuori non si riesce a capire. È vero che ci sono degli aiuti, ma pian piano questi aiuti “si perdono”, e va a finire che tutto è sulle spalle di chi assiste i malati». Dopo l’ultimo ricovero della moglie Anna, all’uscita dall’ospedale i medici erano stati chiari: la malattia se la stava portando via, le restavano sei mesi di vita. «C’era la prospettiva di mandarla in una casa di riposo – confida – ma lei non avrebbe mai voluto morire una struttura. Io ho compreso l’atto che ho commesso, infatti ero pronto a pagare. Però non ce la facevo più».
La riflessione si sposta su un tema caldo, quello del fine vita: «Io sono favorevole, ci vorrebbe una legge moderna. Perché quando ci si trova in queste situazioni, come è capitato a me, si può arrivare a fare queste cose».
Cioni dentro di sé ha il ricordo delle esperienze belle, di quando la moglie era in salute: «Abbiamo viaggiato tanto – racconta – Le nostre vacanze le abbiamo sempre fatte in Italia: Roma, la Sicilia, la Puglia... Quelli sono stati i momenti migliori. Tra le cose più belle che ricordo? L’altruismo di mia moglie, che cercava sempre di aiutare tutti. Per cui, quando ho visto che non lo poteva più fare, quando ha visto che non si rendeva neppure conto di essere viva, ho detto basta».
La notizia della grazia concessa dal Presidente, come detto, è arrivata quasi all’improvviso: «Se ne era parlato, ci speravo... Però sì, la notizia è arrivata all’improvviso».
Il carcere Sant’Anna
L’esperienza del carcere lo ha ovviamente segnato. E proprio nei momenti più difficili, il 77enne si faceva forza ripensando ai momenti felici con la moglie Laura: «Ora sto bene, perché sono stato sempre bene fisicamente. Però pensavo che vista l’età stava diventando un po’ pesante: un conto è avere venti, trenta, quarant’anni. Averne quasi ottanta è diverso. Quindi quando mi hanno riferito che il Presidente mi aveva concesso la grazia non capivo più niente. La voglia di uscire c’era, era tanta, come potete immaginare».
Tra le mura del Sant’Anna Cioni ha conosciuto un modo a lui fino a quel momento estraneo. Il mondo del carcere, dei detenuti, storie difficili pesanti, di sofferenza. Ma anche tanta solidarietà: «Ovviamente è stato difficile. Ma una cosa che mi ha colpito dentro è l’umanità, la solidarietà di tutti i detenuti. È qualcosa che da fuori non si può immaginare. Sono “tutti per uno e uno per tutti”. Italiani, stranieri, dall’Europa, dal Sud America, ci sono persone da tutte le parti del mondo. E quando sono uscito è stata una festa: quello che mi ha sconvolto di più è stato vedere persone di 20, 30, 40, 50 anni, piangere, piangere dalla felicità qualche qualcuno esce dal carcere: è qualcosa di incredibile. Si dovrebbero anche sistemare le carceri, perché sono in certe condizioni...».
La nuova vita
Continua a ringraziare la magistratura Cioni, ricordando anche che la sentenza con cui la Corte d’Assise del tribunale di Modena lo aveva condannato a sei anni e due mesi aveva tenuto conto di tutte le attenuanti. Gli era stato dato il minimo, in sostanza. Del resto, anche in fase di requisitoria il procuratore capo Luca Masini aveva ricordato le sofferenze di Amidei. Si era parlato di “amore” più volte di aula, e anche nelle motivazioni della sentenza, in cui era stato sottolineato quel “gesto altruistico”.
Ora Cioni guarda alla sua nuova vita: «Adesso faccio il pensionato totale. Torno a casa mia, riprendo un po’ in mano la situazione. Ho i nipoti, un fratello, i cognati, i parenti, tutti. Torniamo a riprenderci la vita. Però è servito anche il carcere, ho capito tantissime cose. Ringrazio anche l’avvocato che mi ha seguito, il dottor Bonfante».
Il suo avvocato
Simone Bonfante è il legale che lo ha assistito: «Devo riconoscere che la magistratura modenese, dalla fase delle indagini preliminari fino alla fase dell’esecuzione, e poi con questo provvedimento di Mattarella, ha riconosciuto che la situazione di Cioni era veramente drammatica e che il suo gesto era proprio volto esclusivamente a porre fine alle sofferenze della moglie». L’avvocato ricorda che «avevamo fatto dei ricorsi, avevamo chiesto di sollevare anche la questione dell'eccettività costituzionale della norma. In più c'è anche un altro tema, che è quello del regime penitenziario. Purtroppo una persona di quasi 80 anni, come il mio assistito, non poteva beneficiare di nessuna misura alternativa alla detenzione».
Sulla grazia Bonfante ritiene che siano stati tenuti in considerazione «tutti i pareri favorevoli che sono stati rilasciati, dalla procura generale di Bologna al magistrato di sorveglianza di Modena, in relazione alla posizione di Franco Cioni, che era poi emersa pienamente anche nel processo, dove lui era stato riconosciuto meritevole di ben tre attenuanti».
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