Platini, la Juventus e il dialetto di Trapattoni: «Mi chiamò Agnelli e non sapevo chi fosse...»
L’ironia di “Le Roi” nella serata al teatro Carani di Sassuolo in cui ha ripercorso gli anni in bianconero: «Quando decisi di smettere, rassicurai l’Avvocato dicendogli che non sarei mai andato all’Inter»
SASSUOLO. Aneddoti di calcio e di vita, con un fil rouge amaro: un processo ingiusto, durato dieci anni, che l’ha provato a buttare giù. Eppure, non esiste frase migliore di quella che ha utilizzato, in apertura di serata, Marco Augusto Pellegrini, consigliere dell’Ordine degli avvocati di Modena: «Non hanno mancato il bersaglio; semplicemente, il bersaglio era più resistente di quanto credevano». Giovedì sera – 23 ottobre – il teatro Carani di Sassuolo ha ospitato, in un appuntamento extra del Festival di Giustizia Penale, Michel Platini. Tre volte pallone d’oro, già presidente della Uefa, autentico riformatore del gioco del pallone e – ahilui – vittima di una giustizia ingiusta.
L’iter giudiziario
Dieci anni di accuse infondate, di sospetti, di indagini che – da innocente – lo hanno privato di tutto: del ruolo, del prestigio. In fin dei conti, della propria vita. Nel 2015 Platini era vicepresidente della Fifa e candidato naturale alla presidenza dopo le dimissioni di Blatter. Il 15 settembre 2015 segna l’inizio del calvario: «Durante un comitato esecutivo della Fifa mi dissero che la polizia voleva interrogarmi. Pensavo si trattasse del Qatar – erano i mesi in cui era scoppiato lo scandalo corruzione – e invece riguardava un pagamento ricevuto cinque anni prima dalla Fifa. Io e mia moglie restammo attoniti: non era normale che indagassero su qualcosa di così lontano nel tempo, e in modo tanto plateale su qualcosa di ineccepibile». Nel 2025 la completa assoluzione. E qui, una riflessione sincera: «Questa storia non mi ha distrutto. Non ho pianto: ho semplicemente cominciato a vivere da pensionato. L’ingiustizia, però, la voglio combattere».
Alla guida dell’Uefa
Lo spirito tenace, a Platini, non è mai mancato. Alla guida della Uefa ha cercato di «immaginare il calcio del futuro». Tre innovazioni decisive, secondo lui: «Abbiamo vietato il retropassaggio al portiere, introdotto l’espulsione diretta per il fallo da dietro e posizionato i palloni attorno al campo. Così abbiamo raddoppiato il tempo di gioco effettivo: da 35 a 70 minuti. Prima, a Napoli, se il pallone usciva dal campo non lo trovavi più», scherza provocando la platea.
La Juve e Trapattoni
Poi, un tuffo nei ricordi bianconeri: «Quando mi chiamò l’avvocato Agnelli non sapevo chi fosse. Mi disse che dovevamo vincere la Coppa dei Campioni: a fatica, posso dire che ce l’abbiamo fatta. Quando decisi di smettere, mi chiese se ero serio. Gli risposi che non sarei mai andato all’Inter, e che poteva stare tranquillo». A proposito di cose che ti lasciano il segno: il 29 maggio 1985, la tragedia dell’Heysel, resta una ferita che non si rimargina. «È stato complesso capire che tanti tifosi venuti da tutta Europa non sarebbero più tornati a casa. Mi è rimasto dentro. Per fortuna che abbiamo giocato, altrimenti sarebbe stato peggio». Platini ricorda con affetto Giovanni Trapattoni: «Un uomo fantastico, semplice, educato. L’unico problema era capire le sue battute in milanese», ironizza. Sul grande schermo del Carani scorrono le immagini del gol più celebre, quello nella finale Intercontinentale: «Era bellissimo e importantissimo eppure l’arbitro mi annullò il gol per un fuorigioco su Sergio Brio. Non sapevo che fare, così mi sdraiai. L’ironia ti salva: cambia la prospettiva del mondo».
Champions League e stadi italiani
Sul piano istituzionale, rivendica il valore della Champions League: «È stata il tesoro della Uefa, che l’ha resa più ricca della Fifa, e questo… ha dato fastidio». Con Karl-Heinz Rummenigge, presidente dell’Eca, condivideva «l’idea di un calcio equilibrato fra interessi economici e spirito sportivo». Da quella visione nacque la Nations League. Non mancano frecciate all’Italia: «Il vostro problema sono gli stadi. Avete perso l’occasione dell’Europeo».
Maradona e Sarkozy
Poi un accenno al rivale di un tempo, Diego Maradona: «Non era che noi della Juve dovessimo sfidare lui. Era lui che doveva sfidare noi. Ma Diego è stata la fiamma del Napoli». Platini ha parlato anche del rapporto con Nicolas Sarkozy, ex presidente francese: «Avevamo un bel rapporto, era appassionato di calcio, coetaneo. Oggi vive un momento difficile, ma insieme abbiamo lavorato per portare l’Europeo in Francia. Da quel momento non l’ho più sentito».
La dedica e i ringraziamenti
Alla fine, il ringraziamento semplice: «Alla mia famiglia, ai miei figli, ai miei genitori, agli amici che mi sono rimasti accanto». E uno sguardo alla platea: «È strano, 40 anni dopo, vedere un francese che riempie un teatro a Sassuolo. Ma è bellissimo. Grazie».
