Morte del dottor Tondi, l’amico d’infanzia: «Ha vissuto con coraggio e dignità, la sua calma naturale infondeva sicurezza»
L’avvocato Giovanni Zanasi ricorda il medico vignolese, primario della Cardiologia dell’ospedale di Baggiovara, morto a 69 anni: «Il ricordo più bello? Una volta partecipammo insieme a un congresso per sostenere una mozione e prendemmo zero voti. Ci abbiamo riso sopra per una vita intera»
VIGNOLA. L’avvocato Giovanni Zanasi lo capì fin da ragazzo: Stefano Tondi non sarebbe mai uscito dalla sua vita. E se ne accorse tra i banchi di scuola, al liceo classico di Vignola, mentre osservava il modo in cui spiegava ai più giovani come stare di fronte a quelli più grandi. Erano anni di politica, anche tra i muri scolastici, e Giovanni era proprio tra quei piccoli che lo stavano a sentire, senza sapere che quel modello a cui tanto si era affezionato sarebbe diventato, anni dopo, il suo testimone di nozze. E il suo migliore amico. Lo ascoltava per i tre anni di differenza, certo, ma soprattutto per «quella calma naturale capace di infondere sicurezza». Era così allora, ed è rimasto così per tutta la vita, fino a sabato sera, quando Tondi si è spento a 69 anni nella sua casa di Formigine, lasciando la sanità modenese e un’intera comunità più sole. Vignolese classe 1956, sposato e con due figli, Tondi era conosciuto per essere il primario del reparto di Cardiologia dell’ospedale di Baggiovara.
L’amicizia di lunga data
La sua vita era fatta di lavoro, sì, ma c’era spazio anche per la famiglia (il dottore lascia infatti due figli e la moglie), e per l’amicizia. Quella con Zanasi nasce tra un dizionario di latino e uno di greco, negli anni in cui si cominciava a parlare di politica, di ideali, di ragazze e di futuro, e in cui Stefano era «un leader, sì, ma alla mano», ricorda. Un legame, il loro, che non si è mai spezzato, nonostante strade diverse (Tondi medico, Zanasi giurista), e che si è rafforzato nel tempo, condividendo ogni passaggio importante della vita. «Il ricordo più bello? Una volta partecipammo insieme a un congresso per sostenere una mozione, stavamo nel partito socialista - racconta Zanasi - eravamo giovani, pieni di belle speranze. Ma nonostante ciò, prendemmo zero voti. Zero. Ci abbiamo riso sopra per una vita intera. E ora, non ho più lui con cui ridere. Mi ha lasciato un vuoto enorme». Perché in quella risata c’era già tutto: la capacità di non prendersi troppo sul serio, di attraversare insieme anche le sconfitte con leggerezza e umanità.
Le difficoltà affrontate
La stessa umanità che ha accompagnato una carriera di altissimo profilo, in cui ha affiancato all’attività clinica una costante ricerca scientifica, ma anche le prove durissime che gli sono capitate negli ultimi anni: dall’aggressione con l’acido subita sotto casa nel 2016, fino alla caduta accidentale a settembre dell’anno scorso sulle colline di Levizzano, che gli aveva causato una grave lesione alla colonna vertebrale. «Aveva bisogno di qualcuno sempre accanto - racconta Zanasi - era una sofferenza grossa, micidiale, ma l’ha vissuta con coraggio e dignità, come sempre». E quindi oggi, mentre la sua città si prepara all’ultimo saluto che sarà domani pomeriggio, alle 16, presso la chiesa parrocchiale di Vignola, resta la sensazione profonda di una presenza che non si cancellerà facilmente: perché Stefano ha lasciato legami, gesti, parole e una traccia umana che continuerà a camminare nelle vite di chi lo ha chiamato amico, collega, marito, papà.
