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La protesta

«Tornare a laurearci? Ricatto a cui non cederemo»: nasce il comitato delle educatrici di Unimore beffate

di Alice Benatti

	L'incontro a Reggio Emilia
L'incontro a Reggio Emilia

Circa settanta ex studentesse, il cui titolo – a sorpresa – non sarebbe più idoneo per insegnare nei nidi d’infanzia, si sono ritrovate a Reggio Emilia. Secondo l’Associazione nazionale dei comuni italiani il caso, che riguarda anche altri atenei, coinvolgerebbe 30mila persone in tutta Italia. Pronto un presidio

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REGGIO EMILIA. Si sono ritrovate in settanta sotto il portico del Chiostro della Ghiara a Reggio Emilia, sedute in cerchio su sedie di plastica, in un clima teso ma determinato, le laureate (il plurale femminile è d’obbligo, ma c’era anche qualche ragazzo) in Scienze dell’Educazione dell’Università di Modena e Reggio Emilia che nei giorni scorsi hanno scoperto – «e malamente, con una mail da parte di una docente» – che con la loro laurea potrebbero non più lavorare nei nidi d’infanzia. Con loro, il sindacato Adl Cobas, che da alcuni giorni riceve centinaia di richieste di chiarimento da parte di educatrici spaesate.

Non solo a Modena e Reggio

Sarebbero 30mila, almeno secondo l’Anci - l’Associazione nazionale comuni italiani, le educatrici e gli educatori immatricolati negli anni 2017-2018 e 2018-2019 a ritrovarsi una laurea “mutilata”. E, se questi sono i numeri reali, è evidente che la questione avrebbe una portata nazionale, anche se al momento la bufera sta attraversando, oltre all’ateneo modenese e reggiano, solo le università di Parma e Piacenza, che non avrebbero adeguato i corsi di laurea al decreto ministeriale del 2017, entrato in vigore ormai da tempo.

La rabbia per «un ricatto»

«Ma è dalla Reggio Emilia di Reggio Children, cuore pulsante dell’educazione in Italia, che deve partire questo primo focolaio, per farne accendere tanti altri», rilanciano Silvio Rosati, portavoce di Adl Cobas Reggio Emilia, e l’altro rappresentante sindacale presente, Davide Davoli. «Perché non dobbiamo accettare il ricatto», dunque una nuova iscrizione, esami da sostenere, un tirocinio e una tesi da rifare dopo anni di lavoro. Oltre che la richiesta di altri soldi «a lavoratori che sono già poveri, a cui viene oggi viene detto di pagare per continuare a lavorare», tuona Rosati. «Non mi sembra che ci manchino le conoscenze dato che lavoriamo da quattro anni – ha detto una delle partecipanti –. Ma ora ci dicono che il nostro titolo non serve più. Che valore ha allora?».

La nascita del comitato e il presidio

Ieri pomeriggio, nel corso della lunga assemblea terminata intorno alle 20.15, sono emerse due novità principali: la prima è che le educatrici si sono costituite in un comitato (ancora senza nome) con quattro – ma potrebbero aumentare – portavoce, la seconda è che hanno fissato un primo presidio pubblico per sabato 12 luglio, alle 11, davanti alla sede di Unimore in viale Allegri. Ulteriori dettagli emergeranno con tutta probabilità martedì prossimo (ma la data è ancora in via di definizione) durante la prima conferenza stampa che hanno deciso di convocare per condividere le proprie richieste. Avranno ancora qualche giorno per condividere le loro proposte, ma ieri si è già parlato di strategie condivise: supporto legale, contatti con le altre città, una possibile raccolta firme online. Intanto, il gruppo Whatsapp dei laureati beffati ha già superato i 300 partecipanti. E le sensazione è che il caso dell’Università di Modena e Reggio Emilia stia diventando il punto di partenza di una protesta destinata ad allargarsi.

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