Addio a Frank Gehry, archistar a cui Modena disse no: sarebbe stata la sua unica opera in Italia
L’architetto, nato a Toronto il 28 febbraio 1929 come Frank Owen Goldberg e naturalizzato statunitense, nel 1997 presentò il suo progetto di una nuova “porta” della città da collocare in largo Sant’Agostino contestualmente al recupero di quello che ora diverrà Ago: non se ne fece nulla
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MODENA. Frank O. Gehry, considerato uno dei più rivoluzionari architetti del secondo Novecento e tra i massimi interpreti del decostruttivismo, è morto ieri all'età di 96 anni nella sua abitazione di Santa Monica, in California, in seguito a una breve malattia respiratoria. La notizia è stata confermata dal suo staff al New York Times, chiudendo un capitolo fondamentale della storia dell'architettura contemporanea. Gehry, nato a Toronto il 28 febbraio 1929 come Frank Owen Goldberg e naturalizzato statunitense, lascia un’eredità che va oltre la forma costruita, incrociando innovazione tecnologica, creatività artistica e un'idea radicale di architettura come esperienza emotiva e culturale.
I suoi progetti più celebri
Nel corso della sua lunga carriera Gehry ha firmato alcune delle opere più iconiche dell'architettura mondiale. Tra i suoi progetti più celebri figurano il Guggenheim Museum di Bilbao (1997), considerato uno dei massimi capolavori dell’epoca contemporanea, e l’Experience Music Project di Seattle (2000). A essi si aggiungono la Walt Disney Concert Hall di Los Angeles (2003), il Frederick R. Weisman Art and Teaching Museum a Minneapolis (1993), il Center for the Visual Arts a Toledo (1993), l’American Center di Parigi (1994), la sede della Nationale-Nederlanden a Praga, nota come “Casa danzante” o “Ginger & Fred” (1996), il New World Center di Miami Beach (2010), il Lou Ruvo Center for Brain Health di Las Vegas (2010), la Beekman Tower di New York (2011), il Biomuseo di Panama (2014), la Guggenheim Abu Dhabi (2017) e il Dwight D. Eisenhower Memorial a Washington (2020).
Tra i numerosi riconoscimenti, il Pritzker Prize nel 1989 e il Leone d'Oro alla carriera della Biennale Architettura di Venezia nel 2008. La sua ricerca teorica e formale ha trovato compimento in un percorso che ha ridefinito il linguaggio dell'architettura a partire dalla scomposizione dell'edificio in volumi indipendenti, riassemblati in modo apparentemente illogico, ma capaci di raccontare dinamiche spaziali del tutto nuove. L’uso di materiali inconsueti – lamiera ondulata, compensato grezzo, rete metallica, pannelli industriali – è diventato una cifra distintiva, così come il ricorso a software avanzati, mutuati dall'industria aeronautica, che negli anni Novanta gli hanno permesso di modellare superfici libere e complesse, anticipando la rivoluzione digitale nel progetto architettonico.
Il progetto (bocciato) per Modena
Modena resterà per sempre legata al celebre architetto per aver detto no al suo progetto di una nuova “porta” della città da collocare in largo Sant’Agostino contestualmente al recupero di quello che ora diverrà il nuovo Ago. Dopo un ampio e vivace dibattito, con presenza dell’architetto e presentazione del modellino, la città respinse l’idea. Era il 1997, giunta guidata da Giuliano Barbolini. Gehry non arrivò mai a firmare nulla di definitivo e l’idea venne accantonata nel definitivamente nel 2000. Fu sono la prima archistar bocciata da Modena: dopo di lui furono accantonati in partenza o non realizzati i progetti di Krier e Botta per le nuove piazze del centro e le due torri librarie di Gae Aulenti nell’ex ospedale.
